Intervista con l’artista Sara Lovari

Con questa frase che racchiude l’essenza del lavoro e dello spirito dell’artista casentinese Sara Lovari, oggi vi invito a conoscerla meglio e a scoprire il suo mondo artistico dove le forme si fondono con i colori e le emozioni si trasformano in opere d’arte. Con Sara la creatività e l’immaginazione hanno il potere di trasformare la realtà, e di trasportarvi in un universo di bellezza e di poesia, dove ogni opera è un’emozione che prende forma.

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Le “Origini” viste dai giovani artisti in mostra all’Accademia del Caffè Espresso della Marzocco

Il legame tra mondo dell’arte e del design e La Marzocco è solida da diversi decenni. Quest’anno si è sostanziata una importante collaborazione con la Scuola Internazionale di Comics di Firenze. L’esposizione ospita i lavori realizzati dai partecipanti all’ultima Illustration Marathon, tenutasi lo scorso 25 marzo presso Accademia.

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Locus Womb: l’hub del tatuaggio è in Mugello

Opere d’arte, sneackers limited edition, oggettistica e mobili di design e stile modernariato, t-shirt e giacche vintage customizzate, disegni appesi alle pareti e un laboratorio a vista in cui i tatuatori realizzano le loro opere sulla pelle dei clienti. Questa è l’atmosfera che si respira entrando a Locus Womb. Un festival di colori, suoni e oggetti che non ha niente da invidiare a una tattoo convention statunitense.

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Il Custode della Memoria

“Girare con Dino è stato divertentissimo e ci ha insegnato ogni giorno qualcosa di più su Città di Castello e sulla ‘Tiferno’ che fu, ci ha fatto vivere momenti bellissimi e provare nostalgia per epoche che noi, per motivi anagrafici, non abbiamo mai vissuto ma che, grazie a lui e ai suoi racconti, ci è sembrato di poter vedere, toccare e sentire”, prosegue.

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La fotografia nonostante l’ego

“Nasco dalla fotografia artistica, concettuale, anche se la codifica professionale mi ha fatto scoprire aspetti del mio lavoro che non avrei immaginato… Amo, ad esempio, i servizi per i matrimoni – che condensano ed esauriscono in un giorno l’intero repertorio di settore: moda, reportage, storytelling, arte e scenografia”. L’ossessione di avere un matrimonio unico, spesso porta ad un esito lontano dalle aspettative: “Meglio essere sé stessi”, dice Francesca.

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Jutta Wilhelm Coerper, artista e designer

Jutta è nata a Coblenz, nella regione tedesca della Renania, durante la Seconda Guerra Mondiale e ha studiato arte e design a Dusseldorf.  Aveva sempre sognato di lasciare la Germania per viaggiare, e trascorse un anno a Roma per studiare e lavorare all’estero.  Quando, dopo 6 anni di scuola d’arte, si presentò la possibilità di trascorrere un periodo in Sudafrica lavorando per un’azienda tessile, la giovane Jutta colse al volo l’occasione.  Trascorse i successivi otto anni in Africa, dove finì per lavorare come responsabile del design in tre diverse aziende.   È durante questo periodo che sviluppò un grande amore per la cultura africana e prendendo coscienza della difficile situazione della popolazione africana sotto l’Apartheid. Sempre in questo periodo, ha sviluppato un interesse per le questioni sociali di diversi popoli indigeni che coltiva ancora oggi.

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Un sito templare a Città di Castello

I resoconti dei lavori riportano la ricostruzione che allora fece Francesca Abbozzo, coordinatrice scientifica del convegno e direttrice del restauro degli affreschi. Per lungo tempo venne adibito a magazzino per il tabacco. A metà degli anni Cinquanta l’affresco era già irriconoscibile e fu solo nel 2008 che si provò a saggiare che cosa si nascondesse sotto lo strato del tempo e i residui di un uso improprio. “Così emerse il Cenacolo e quindi, a seguito di altri saggi, cominciò ad emergere una seconda parete su cui si imponeva la figura di un domenicano. Gli affreschi del XV secolo convivono con uno strato più antico risalente ad almeno due secoli prima, che hanno una natura chiaramente templare”. Costituiscono l’apparato decorativo originario di questa, che poteva essere una chiesa ma anche un tempio, dato che i motivi rimandano alla pietra del tempio di Gerusalemme.

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Tra Piero e Frida meno di sette gradi

Perché il tempio di Piero della Francesca dovrebbe ospitare Frida Kahlo? Potrebbe sembrare uno di quegli accostamenti temerari – e spessissimo comunque di successo – a cui ci ha abituato il marketing dell’evento espositivo. Tra l’uno e altro, non ci fossero i secoli a separarli, basterebbe anche oggi la distanza spaziale tra Europa ed America Latina ma Piero della Francesca non è nuovo ad incontri impossibili a partire da quello con Burri, che, nella mostra Visitazioni del 2015, coabitò in modo pericolosamente ravvicinato con la Resurrezione. Allora i sette gradi di separazione furono garantiti dall’allestimento in due stanze diverse, oggi Frida Kahlo.

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