Di Simone Bandini

 

“Credo che sia più facile istituire un governo dispotico presso un popolo, in cui le condizioni siano eguali (di eguaglianza, n.d.e), che presso un altro e penso che un governo di questo genere, una volta che fosse saldamente stabilito in un simile popolo, non solo opprimerebbe gli uomini, ma finirebbe per togliere loro molti dei principali attributi dell’umanità. Il dispotismo mi sembra, quindi, particolarmente temibile nei tempi di democrazia”.

Alexis de Tocqueville, La Democrazia in America, II (1835)

 

 

Si dice che chi fa (o coloro che fanno) la storia – che si tratti della propria vicenda personale o di azioni politiche dagli esiti collettivi – sia ‘straordinariamente incosciente’. O meglio che costui non si renda propriamente conto di essere la contingenza stessa, la realtà che accade, l’epifania di un mito e un fiore d’oro della sua civiltà. Questo poiché le rivoluzioni accadono quando il cambiamento si è già annidato e innestato profondamente nella coscienza personale, sociale e collettiva; esse non sono che la manifestazione materiale di una condizione che è già reale, mutata. Un assestamento, un riadattamento e giammai invero un colpo di mano romantico ed estemporaneo, un colpo di teatro che stravolge lo status quo politico. I grandi uomini della storia sono tout court degli attori, ispirati e trascendenti interpreti del flusso degli accadimenti.

Chissà se già vive una tale figura in Italia e in Europa – che sia un uomo, un movimento aristocratico o di popolo – in questo tempo oscuro che vede la trasfigurazione delle democrazie rappresentative in quelle ‘virtuali’, delle repubbliche popolari suffragate dal voto in tecnocrazie globaliste legittime di per sé, per definizione, mai contestate per debolezza, vacuità o stordimento.

Che fossimo in una fase di decadenza avanzata è evidente da tempo. Problemi italiani certo, pur tuttavia con una radice globale: l’omologazione sociale e culturale, la promozione d’ufficio del pensiero fluido e indifferenziato, il neo statalismo burocratico e accentratore dei poteri, le limitazioni della libertà imposte sub iudice dei feticci capi popolo, la svalutazione dell’etica del lavoro, in specie imprenditoriale, a favore di politiche di assistenzialismo clientelare, la mancanza reale di misure a sostegno della natalità e della famiglia, i montanti problemi ecologici frutto di un capitalismo collassato in logiche meramente mercantili e di profitto. Un liberismo che ha financo perduto l’etica confessionale dei ‘Pilgrims’ che traversarono l’oceano sulla Mayflower per colonizzare una terra florida, ma virtuosa, dove i principi dell’economia potessero discendere da concetti spirituali, morali, e non fossero una esclusiva e squallida teodicea del profitto.

È sempre stato compito economico, etico e politico di questa rivista il voler difendere la libertà nell’accezione che questo gruppo editoriale ritiene più elevata, promuovendo l’identità, l’autodeterminazione e l’intraprendenza delle nostre valli, delle comunità locali – incoraggiando cultura ed economia di prossimità, al fine di raccontare e testimoniare l’unicità incorrotta della loro natura – affinché possano continuare ad esistere e a difendersi dall’assalto globalista dei consorzi sovranazionali, il cui eldorado operativo è oggi l’acquisto incondizionato a suon di eurodollari di tutte le tipicità, i marchi e gli asset nazionali e locali. Ma le ‘forze del male’ non vinceranno; si udiranno colpi di tamburo, giochi di destrezza e amore, le antiche melodie torneranno a risuonare nelle nostre valli.

Se l’ascesa dell’eguaglianza delle condizioni, come già rilevò Alexis de Tocqueville, fu un dato storiografico e una certezza già nell’Ottocento, defunte le grandi ideologie del Novecento e scavalcato il Secondo Millennio nella novella civiltà digitale, lo stato di eguaglianza è oggi pura indifferenziazione globalista. E come ogni ‘indifferenziato’ va destinata al posto che le compete: la discarica generalista.

Che risorgano le valli e le comunità locali. E che torni ad echeggiare il gusto per l’indipendenza e la libertà.

 

Ascolto consigliato: “Always on my mind”, Elvis Presley