DI VALENTINA PICCINI

 

Una nuova scoperta racconta l’affascinante presenza templare a Città di Castello.

 

Un sito templare a Città di Castello: l’ipotesi nasce dai rinvenimenti pittorici a Santa Maria della Carità, un sito a lungo religioso, affiancato al Chiostro di San Domenico a cui qualche anno fa il comune di Città di Castello dedicò un convegno.

 

 

I resoconti dei lavori riportano la ricostruzione che allora fece Francesca Abbozzo, coordinatrice scientifica del convegno e direttrice del restauro degli affreschi. Per lungo tempo venne adibito a magazzino per il tabacco. A metà degli anni Cinquanta l’affresco era già irriconoscibile e fu solo nel 2008 che si provò a saggiare che cosa si nascondesse sotto lo strato del tempo e i residui di un uso improprio. “Così emerse il Cenacolo e quindi, a seguito di altri saggi, cominciò ad emergere una seconda parete su cui si imponeva la figura di un domenicano. Gli affreschi del XV secolo convivono con uno strato più antico risalente ad almeno due secoli prima, che hanno una natura chiaramente templare”. Costituiscono l’apparato decorativo originario di questa, che poteva essere una chiesa ma anche un tempio, dato che i motivi rimandano alla pietra del tempio di Gerusalemme.

La struttura del sito originario si è perduta, il corpo risulta arretrato rispetto alla strada attuale, ridotto sia in altezza che nella quota del pavimento. Naturalmente sarebbe necessaria una maggiore indagine per portare alla luce ciò che è custodito nella struttura e inquadrare meglio quella che probabilmente era una ‘comanderie’ templare, come suggeriscono la vicina San Giovanni in Campo e la Confraternita della Frustra.

Una riflessione diacronica inoltre ci induce a pensare che lì si concentrassero, pur essendo una zona extramoenia, importanti complessi: il vicino sito archeologico e il successivo palazzo rinascimentale, la rivisitazione del complesso di San Domenico, con la chiesa e un nuovo orientamento del chiostro, infine l’ospedale, sono tasselli di una costanza nella centralità su cui dobbiamo indagare, in connessione con le numerose tracce che il territorio offre a partire dai depositi della Pinacoteca nei quali sono custoditi affreschi e reperti della chiesa di Santa Caterina, ora incamerata nel complesso della F.A.T. e non riconoscibile nell’aspetto che aveva fino agli anni Cinquanta.

Rignaldello, Celle, Morra, Badia Petroia mostrano tracce chiare di simboli templari, testimoniando una diffusione e una penetrazione di questo ordine a tutto tondo. Intervenendo al convegno anche Paolo Caucci van Saucken dell’Università degli studi di Perugia aveva ricordato che “Città di Castello si trovava in un crocevia dei cammini templari”. A Rignaldello l’ospedale era conosciuto ma gli affreschi rilanciano l’ipotesi di una commenda vera e propria. L’intitolazione delle chiese potrebbe fornire ulteriori indizi in questo senso insieme alla grande quantità di simboli templari nelle decorazioni architettoniche.

Riscontri documentali avvalorano la tesi su una centralità, finora sottovalutata del Centro Italia e in particolare di questa valle, che era una strada obbligata e comoda superati i valichi, in entrata e in uscita verso Roma. I templari qui, dunque, si organizzarono “perché la quantità dei flussi richiedeva strutture e mezzi di assistenza ai pellegrini e viandanti in cammino”. Ipotesi per ora, ma molto affascinanti.