A Cura della Redazione

 

Il problema del surriscaldamento globale è un argomento fortemente attuale ed evidenziato con grande frequenza dagli organi di informazione. Il cuore del problema è rappresentato dalla compensazione delle emissioni di gas serra provocate dalle varie attività umane (si definiscono gas serra quei gas presenti nell’atmosfera che trattengono una parte notevole della componente nell’infrarosso dei raggi solari).

A questo proposito, viene calcolata la “carbon footprint” (letterlalmente “impronta di carbonio”), un parametro utilizzato per valutare le emissioni di gas serra provocate da un’organizzazione, un individuo, un prodotto, un servizio; la quantità di emissioni di gas serra viene espressa in tonnellate di CO2 equivalente (prendendo come riferimento, per tutti i gas serra, l’effetto associato alla CO2).

Un concetto sempre più importante – poi – è quello di sviluppo sostenibile, che può essere spiegato e riassunto in questo modo: “far si che esso soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai loro bisogni”.

 

 

L’associazione Slow Horse Italia promuove il progetto di “equusostenibilità” (equus = cavallo, in Latino), che ha per obiettivo quello di far conoscere a tutti (operatori equestri, proprietari ed amanti dei cavalli e degli asini) qual è l’impatto ambientale provocato dagli equini: in poche parole, studiare l’ “horse (& donkey…) carbon footprint” nelle attività legate al turismo, allo sport o al lavoro nei settori agricoli e non.

 

Nel novembre 2021 si è tenuta una conferenza ONU sul tema dei cambiamenti climatici, ed in quella sede è stato considerato l’apporto degli equini nella lotta al riscaldamento globale.

Occorre sottolineare che circa 500 milioni di persone nelle comunità più vulnerabili del mondo fanno riferimento agli equini da lavoro per il proprio sostentamento.

Tre questioni chiave sono state indicate al riguardo:

gli equini contribuiscono a creare mezzi di sussistenza sostenibili;

sono vulnerabili come chiunque altro ai cambiamenti climatici;

sono fondamentali nei programmi di gestione del territorio, per rispondere efficacemente alle emergenze e collaborare nelle azioni di recupero.

Secondo la relazione del World Horse Welfare, gli equini da lavoro (cavalli, asini e muli) rappresentano una risorsa vitale per le comunità di tutto il mondo ancora sottovalutata e trascurata.

Il Monte Amiata e la sua comunità si sono sviluppati proprio in funzione della presenza di asini (micci), muli e cavalli, e nei borghi – sino alla metà degli anni ’70 del secolo scorso – era ancora frequente trovare stalle sotto le abitazioni.

In miniera, nei castagneti, nelle vigne l’apporto di questi animali è stato fondamentale.

In questo momento storico sia gli esseri umani che gli animali stanno vivendo una sfida, affrontando gli impatti devastanti causati dal cambiamento climatico.

Il programma della Slow Horse Italia parte dal considerare qual è l’impatto degli equini in termini di emissioni di gas serra. Sono ben noti gli studi svolti sugli allevamenti di bovini, ed è ormai conosciuto il notevole impatto che hanno nelle emissioni di gas serra. Questi studi si sono focalizzati, soprattutto, sulla produzione di metano. I bovini, essendo ruminanti, hanno lo stomaco suddiviso in due parti, la più grande delle quali è chiamata rumine. Come ruminanti digeriscono il cibo masticandolo, ingoiandolo, e poi rigurgitandolo per masticarlo ulteriormente; effetto collaterale di questo complesso processo digestivo è un’elevata produzione di gas metano.

Gli equini, al contrario, non sono ruminanti e il loro apparato digerente – costituito da un piccolo stomaco e da un intestino di notevole lunghezza – riducono notevolmente e radicalmente la produzione di metano. L’impatto ambientale degli equini è infinitamente minore rispetto a quello dei bovini.

 

 

Ma gli equini influiscono sull’ambiente in molti modi:

contribuiscono alla conservazione dei pascoli, mantenendo regolato l’assetto delle produzioni erbacee;

rigenerano in continuazione il pascolo ed il territorio che li circonda;

utilizzati per il trasporto sono meno dannosi per il territorio;

non danneggiano strade e sentieri, e sono più sicuri per i pedoni.

Molte però sono le pratiche responsabili da attuare per ridurre ancor di più l’impatto ambientale provocato dai nostri amici a quattro zampe.

Tutto parte inevitabilmente da noi, dalla nostra volontà di prenderci cura dell’ambiente preoccupandoci delle eredità che lasciamo alle generazioni future e di tutelare quegli animali che hanno accompagnato l’uomo nell’evoluzione della civiltà.