DI SIMONE BANDINI

(L’Europa) è un “continente ‘borghese’ e individualista che pensa al proprio frigorifero

Albert Camus, conferenza di Atene del 28 aprile 1955.

 

Nel 1955 Albert Camus fu incredibilmente – ed oggi aggiungo miseramente – profetico. Il nichilismo post-borghese è giunto alle sue conseguenze estreme nel pensiero tecnocratico, razionalista e materialista. Che si stimi il valore della libertà superiore al valore della salute è condizione necessaria affinché si possa conferire un valore alla storia ed alla tradizione. È una condizione altresì necessaria affinché vi possa essere continuità nella nostra civiltà nell’insegnamento dei nostri padri, o meglio, che resista un senso all’esempio che essi hanno voluto e saputo darci. Sovente con la vita loro stessa.

Cosa diremmo a coloro che si sono sacrificati nelle trincee del Grappa o del Pasubio? Che non hanno dato il giusto valore alla loro salute? Od ai nostri uomini che sono tornati mutilati e umiliati dal fronte russo mangiando erba a manciate dalla disperazione e dalla fame. Diremmo mai loro che hanno sbagliato a ritenere la propria libertà e della nazione superiore ad ogni cosa, financo della vita loro stessa? E qui uso la parola ‘libertà ‘quale estensiva del concetto di idea, di platonica forgia, come nucleo fondativo di verità – il più alto che l’uomo possa perseguire.

Si, esiste un senso di verità prettamente ‘colposo’. Dire: “Io sono così, questa è la mia verità!”, non ci protegge da colpe e specialmente responsabilità di natura morale, essendo la ‘verità’, nel suo senso più elevato, piuttosto la risultante dapprima di una natura costitutiva che incontra vieppiù una scelta, ovvero un ‘orientamento’. Gli stessi orientamenti che dovrebbero guidare l’etica politica, oggi visibilmente allo sbando nelle barricate radical chic del pensiero giacobino a cinque stelle.

Ed è tempo di sostituire questo pensiero mainstream, puerile – con un logos più austero e virile, nondimeno eroico: ci stanno insegnando che l’eroismo moderno può consistere nell’inchiodarsi al divano fino ad inebetirsi per amore delle regole calate dall’alto da un governo tecnocratico e pseudo-scientifico, peraltro certamente non eletto democraticamente. Diciamo di no!

Qui si afferma con forza che il valore della politica e della morale debba essere superiore a quello della scienza. Non che debba ignorarla e considerarla, ma che questa non possa essere il principio univoco ispiratore delle scelte. Se è dunque pur vero che i governanti debbano considerare gli esiti e le certezze della ricerca medica e scientifica – è pur vero che essi debbano muovere da un corredo etico e da un orientamento. Non da un mero dato scientifico, seppur riguardi la salute umana.

La verità è che la nostra comunità nazionale pare un malato che aspetta ansioso la morte, poiché più non spera e tutto ha visto e fatto. Chiudiamo con le stesse parole del grande esistenzialista francese: “Quello che forse potremmo chiederci è se la riuscita della civiltà occidentale nel suo versante scientifico non sia anche in parte responsabile del suo contemporaneo scacco morale. Detto in altro modo: chiedersi se la fede assoluta, e in qualche modo cieca, nel potere della ragione razionalista (diciamo la ragione cartesiana, per semplificare le cose, visto che è questa che è al centro del sapere contemporaneo), non sia in qualche modo responsabile del restringersi della sensibilità umana, una sensibilità che ha potuto, attraverso tappe che sarebbe lungo spiegare, portare poco a poco a questa degradazione dell’universo individuale. Il mondo della tecnica, di per sé, non è cattivo, e sono assolutamente contrario a tutti coloro che vorrebbero un ritorno alla civiltà dell’aratro. Ma la ragion tecnica, se messa al centro dell’Universo e considerata come il fattore più importante di una civiltà, finisce per provocare una sorta di perversione, sia nelle idee che nei costumi, che rischia di portarci allo scacco”.

 

Ascolto consigliato: “Save your tears”, Smashing Pumpkins