Di Simone Bandini

 

“È meglio avere meno tuono in bocca e più fulmine nella mano”.

(Proverbio Apache)

 

“Non è come nasci, ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni”.

(Alce Nero, Capo della Tribù dei Sioux)

 

 

Che ragione mai ci sarebbe di principiare con espressioni di fierezza e onore pellerossa, al tempo del globalismo panamericano?

Certo un po’ di colore, rosso nello specifico, della pelle e del sangue delle arcaiche tribù indiane. Per ricordare ai discendenti dei padri pellegrini della Mayflower come l’etica protestante e capitalista abbia disfatto e snaturato il continente da loro colonizzato, instaurando un ‘paradiso in terra’ attraverso quella che il sociologo Max Weber chiamerà in modo lucidissimo ‘elezione mediante la grazia’ – tradotto brutalmente: giustizia esercitata tramite il denaro (così vi risparmiate la lettura di un considerevole tomo accademico).

Tribù indiane sterminate e bandite dalla vita sociale, in riserve che ancora oggi sono lo squallido simulacro di una florida, panica e mistica cultura. Gli indiani, come sappiamo, furono spesso ingannati nella loro purezza, con accordi disattesi, trappole militari e processi iniqui – oltreché, ovviamente, travolti dal divario tecnologico, finanziario e militare.

Le tribù pellerossa disseminate lungo il tumultuoso corso del fiume Colorado e suoi altipiani, seppero per lungo tempo mantenere il giusto equilibrio tra spirito e materia, pensiero ed azione, razionalità e sovrannaturale.

Usando una metafora geologica, la formazione primordiale del loro tempio naturale, il Grand Canyon appunto, si ebbe grazie alla potente combinazione di attivismo tellurico (terremoti e vulcani) e azione erosiva (venti, ghiacci, acque e precipitazioni).

Allo stesso tempo lo spirito e il genio degli indiani manifesta un equilibrio stabile tra le forze irrazionali dell’animo umano – rappresentate e incarnate da eventi epifanici, interpretazioni mistiche e animali totemici – e la sedimentazione dell’esperienza, che conferiva loro saggezza, plasticità naturale, poesia e purezza.

Ebbene, gli indiani sono stati sterminati per far posto agli insediamenti, ai commerci, infine alle speculazioni di questi nuovi dominatori. Una cultura che si è spenta nel fuoco demoniaco della modernità, in specie travolta dai demoni infervorati delle confessioni protestanti che predicavano un bene a prescindere, individualista nel segreto della coscienza, disgiunto dall’elemento comunitario.

A questo ho pensato, a un inganno: quando ho sentito le dichiarazioni del presidente Joe Biden in merito alla sofferenza della popolazione civile palestinese, parlare della Striscia di Gaza e di una linea rossa a Rafah, da non oltrepassare. Ho avvertito un’affabile commedia, la solita pantomima, un pallido sconcerto di facciata. Il popolo palestinese, mentre ad Hollywood si premiano come ‘Miglior film’ e ‘Miglior film straniero’ due pellicole smaccatamente tributarie di Israele, somiglia sempre di più a quello indiano.

 

Ascolto consigliato: “Everyday Life”, Coldplay (Live in Jordan)