Di Simone Bandini

 

Giulietta: non ti farò aspettare. È come se fino ad allora debbano passare venti anni. Mi è passato di mente il motivo per cui ti ho richiamato.

Romeo: lascia che io rimanga fino a quando non saprai ricordarlo.

Giulietta: ma io vorrei dimenticarlo di nuovo, giacché tu resti, come mi sovvenga quanto ami la tua compagnia.

Romeo: ed io seguiterò a restare qui per costringerti a non ricordare più nulla.

 

Estratto dalla ‘Scena del Balcone’, “Romeo e Giulietta”, William Shakespeare (1597)

 

 

Il tempo dell’Amore è un tempo diverso: è il tempo dell’Idea, governato dal pensiero ideale: un tempo senza tempo, o per meglio dire un tempo assoluto, senza un inizio né una fine. Un tempo che non termina, che non muore, un tempo immortale, come l’anima – che non si disfa perché non è composta di parti, ché non appartiene alla materia ma la sovrintende.

 

Il tempo dell’Idea, come quello dell’Amore, è il tempo di ciò che è Vero, Reale e Razionale. Non esiste infatti verità essenziale, ontologica, senza una consistenza sensibile ed emotiva e, viceversa, senza trasposizione ideale nel mondo della scelta e della possibilità. Come diceva Ludwig Wittgenstein a proposito dei limiti della logica: “Tu non puoi negare che sotto la tua scrivania ci sia un rinoceronte”.

E dove si verifica questa consistenza, questo ponte simpatetico tra mondo reale/materiale e universo ideale/metafisico? Senza dubbio alcuno, per chi è stato abbastanza fortunato: nell’essere pienamente innamorati, totalmente consacrati e dedicati alla donna – o chiaramente all’uomo, e qui non estenderò il concetto alle nuove categorie extra genere – della sua vita. In questo luogo si manifesta la condizione divina – che è perfetta unione, sincronia di anima e corpo: volontà e possibilità danzano in un abbraccio indissolubile al suono nirvanico di mantra lontanissimi. Come per le stelle spente, simbolo universale di una condizione finita, della materia che subisce la fine, l’annientamento, la morte – la luce di Amore continua di contro il suo viaggio.

Se l’Idea è immortale, Amore è la più grande e la più audace delle idee. O meglio è la forza non opponibile che conduce al governo ‘superiore’ della vita.

Dove si incontrano, dunque, libertà e necessità? In un amore corrisposto, la fortuna più grande che gli dèi hanno lasciato, o meglio dimenticato nel mondo degli uomini, prima di arroccarsi in cielo e lasciare in terra la pugna tragica di ambizioni, bramosie e piaceri. Ciò di cui è fatta la condizione umana – senza la prospettiva e il governo dell’Idea.

Nel suo “Ecce Homo” (1908), un ispiratissimo Federico Nietzsche in trance etico-estetica si lascia sfuggire tra le righe: “Luce diviene tutto ciò che afferro (ovvero amo, noi aggiungiamo), carbone ciò che lascio (e qui si tratta della perdita della condizione ideale, così come della perdita di Amore che consegna la vita al mondo elementare)”.

Come un prodigio subitaneo, l’unione incommensurabile di spirito apollineo e dionisiaco (luce e fuoco) avviene in questo uomo del destino, assoluto per vocazione – che sa amare senza limite alcuno e per questo padroneggia il mistero alchemico dell’unione tra materia e spirito.

Tutto questo ci porta a dire: tutto ciò che davvero esiste, in senso assoluto, è solo Amore. Ciò che rimane fuori da questo cerchio è solo lotta, barbara e caotica, di elementi costitutivi del basso mondo.

 

Ascolto consigliato: “One More Time”, Blink 182