Di Jori Diego Cherubini

Esiste un modo antico e allo stesso tempo nuovo per gestire al meglio il lavoro in vigna: il cavallo a traino. L’idea nasce in Borgogna, per sistemare vitigni vecchi anche di un secolo, e Axel ha deciso di (es)portare l’idea (geniale) in Toscana. Ne abbiamo parlato con lui.

 

 

«Il problema del trattore – racconta Axel – riguarda la compattazione del terreno: essendo un mezzo pesante i passaggi ripetitivi danneggiano il terreno, la porosità del suolo e il radicamento della pianta, poiché la vigna ha bisogno di radici profonde, più sono profonde e più sarà in grado di esprimere il terroir nell’uva e, di conseguenza, nel vino;, e possono sopravvivere alla siccità. Il cavallo, oltre ad aiutare la pianta ad avere uno spazio sano, è più lento e preciso rispetto al trattore: come un falegname che costruisce un mobile a mano, ci vuole tempo, quattro volte in più rispetto a un mezzo agricolo, ma c’è un’artigianalità inarrivabile, le piante si controllano una per una, e non vengono colpite».

Il periodo più intenso è la primavera, fino a giugno, poi c’è la vendemmia. Molti viticoltori scelgono il cavallo per la raccolta dell’uva, ma anche per stralciare o effettuare trattamenti naturali: «L’animale – prosegue Axel – è uno strumento che in tante condizioni ha senso, non significa sostituire il trattore, ma in certi contesti è preferibile la forza motrice del cavallo. La zappa è stato il primo strumento usato dall’uomo in agricoltura; non significa che visto che abbiamo inventato il trattore dobbiamo buttarla via».

A Montalcino: «ho lavorato in un vitigno terrazzato, con un passaggio di un solo metro poi c’era il vuoto, un pericolo affrontato senza problemi dal cavallo. A Castelnuovo Berardenga: «in una vigna “ad alberello”, i tralci andavano nell’interno filare e il trattore li rompeva; problema risolto grazie al cavallo che ha reso possibile affrontare il lavoro senza rovinare le radici».

Gli animali, bellissimi e maestosi, arrivano dalla Francia, hanno 8 e 9 anni e sfiorano la tonnellata di peso: «è una razza da tiro, nata per il lavoro e si intuisce dalla struttura ossea, hanno voglia di andare, è un’abitudine, non fanno mai resistenza. Ognuno di loro ha un carattere, e si crea una relazione quotidiana, stiamo insieme otto ore al giorno».

In Italia Axel, francese ma toscano d’adozione, è quasi l’unico a effettuare questo tipo di lavori: «Oltralpe è una pratica molto diffusa rispetto all’Italia, si tratta di un lavoro tecnico che richiede conoscenze su cavalli, terra, attrezzatura, tempi e modalità; ogni condizione è diversa, servono passione e anni di pratica, ma la soddisfazione è grande. Ad oggi – sottolinea – lavoro per mezza dozzina di aziende scelte».

Il lato dell’ecologia ha il suo valore: «non inquini, e a livello agronomico, oltre a non compattare il terreno, siamo precisi, poi c’è una componente di piacere visivo/estetico che coincide con la visione di un animale in mezzo a un filare, piace molto anche ai bambini e si percepisce un’energia diversa». La trazione animale è uno strumento da aggiungere alla cassetta degli attrezzi. «È un tempo, il nostro, dove bisogna valorizzare la lentezza, il cavallo entra in questo contesto di cambiamento filosofico».

Un grazie al Podere Forte: «il proprietario Pasquale Forte è stato il primo a credere in questo lavoro, essendo una cosa nuova c’era qualche diffidenza». Ecco le aziende che si affidano a Axel: «a Montalcino lavoro per la Màté Winery; nel Chianti per la viticoltrice Giovanna Morganti del Podere le Boncie; a Castiglione d’Orcia per il podere Forte; a Siena per Jem Macy, un’americana che coltiva un vitigno per produrre poche bottiglie di vino chiamato le Fanciulle». Insomma, le eccellenze scelgono i cavalli.

 

 

Info: Caval’Tiro – Axel, Tel. +39 392/2441281 | cavaltiro@gmail.com | Facebook: Caval’Tiro