Di Simone Bandini

 

Tardi si pente del duello chi ha già l’elmo”.

(Decimo Giunio Giovenale)

 

Più che di una lotta – tra orde di donne intrepide (dolcemente complicate) e schieramenti di maschi bruti e acefali – si tratta di un assedio cieco e deliberato che, a nostro parere, assume tratti di scarsa consapevolezza, risentimento ed evidente manipolazione. Una situazione grottesca, che tuttavia non si pensi sia fine a sé stessa, innocua.

Questo attacco frontale al genere maschile che è ormai la moda del momento, raccoglie un eterogeneo spiegamento di forze, dalle fazioni post-femministe in crisi esistenziale, ‘svuotate’ da una vittoria sul campo ormai schiacciante, alle forze pseudo progressiste in crisi d’identità – e per questo fortemente decadenti, demoniache e dissolutrici. Passiamo oltre l’immagine consegnata da taluni rappresentanti della moderna virilità che si dipingono il volto rosso sangue e indossano il cilicio, quale auto-fustigazione e ammissione d’imperitura colpa: un peccato mortale e originale, un’appartenenza maledetta: quella al ‘patriarcato’. Si salvi chi può!

 

 

Utilizzare il male per fare del male, per distruggere. Diciamo noi. A sostegno di questa analisi e al di fuori di ogni sospetto, si citi qui Hannah Arendt, filosofo (e non filosofa, che non si può sentire): “Il peggior male non è dunque il male radicale, ma è un male senza radici. E proprio perché non ha radici, questo male non conosce limiti”. Solo il bene è profondo e può essere radicale; il male è invece banale, superficiale e si contrappone al pensiero – che invece attinge in profondità, e per questo, ironicamente, non riesce a comprenderlo. Il male si diffonde così in ‘superficie’, nell’indifferenza e nei luoghi comuni, come un fungo ammorbando il mondo intero.

Tragedie come l’omicidio di Giulia Cecchettin – temibili derive del vuoto etico, estetico, emotivo ed operativo della gioventù odierna, e non escluderei nemmeno la generazione precedente con quarantenni a spippolare sullo smartphone da mane a sera – diventano in questa temperie sotto-culturale occasioni strumentali di condanna al genere maschile. Così un fatto cruento, malvagio in senso assoluto, si trasforma in un linciaggio di genere, contro il ‘maschio’ e le sue imperdonabili aberrazioni costitutive.

E un tale processo, una tale cagnara, non fa che ledere l’onore e il sentimento di rispetto e cordoglio che si dovrebbero avere e tenere per la vittima e la sua famiglia. Non è dignitosa questa caciara, ad uso e consumo della politica e della ‘rivoluzione gender’.

Ciò che sorprende, ancora di più, è l’atteggiamento ‘politically correct’ del governo conservatore in carica – che a gran voce annuncia campagne di sensibilizzazione a colpi di ‘educazione sentimentale’, nelle scuole. La toppa peggiore del danno. Come se un assassino potesse essere un potenziale riflesso della nostra tradizione classica – che di contro non può che educare l’animo umano alla gentilezza e alla giustizia. Mah!

La ‘lotta di genere’ è oggi la nuova ‘lotta di classe’. E i suoi promotori hanno una simile estrazione culturale: dall’egualitarismo comunista al livellamento post-capitalista il passo è breve. I generi maschile e femminile – ormai de-generati, depotenziati, indefiniti – si disgregano e smarriscono in indifferenziate ‘unità di consumo’, senza vita reale, emotivamente vuote, ad uso del mercato e dei suoi demiurghi.

Tenetevela, una vita meramente operativa!

Siamo giunti alla battaglia finale. E non è affatto un’operazione occulta. L’obiettivo è la distruzione della nostra storia, delle nostre origini (patriarcali, ahimè!), di ogni legame tradizionale col passato. L’annientamento di ogni identità di genere porterà alla cancellazione della famiglia che conosciamo e, ben presto, anche l’amore (che rende immortale ciò che è mortale) sarà solo una bizzarra anticaglia, un inciampo da censurare e gestire.

Quello che possiamo fare? Ribellarci. Poiché uomo e donna sono complementari, funzionali e si completano nella loro prodigiosa alterità. Non cedete alla logica della contrapposizione. Amatevi come un tempo.

 

Ascolto consigliato: “Ecco che”, Elisa