A cura della Redazione

 

C’è una Perugia sulla cresta dell’onda. Ed è quella che nello scorso anno ha battuto tutti i record di presenze turistiche dal 2017 a salire, superando il milione di presenze. C’è una Perugia che si sta riappropriando dei propri luoghi, sacri e profani, nei quali vive la storia e l’attualità della città del Grifo. E c’è una Perugia operosa, nella quale i quartieri stanno vivendo una seconda grande stagione di espansione infrastrutturale. Traguardi che prevedono nuove sfide, nell’era in cui la rivoluzione digitale ha già rovesciato il modo di comunicare, di lavorare e di muoverci che abbiamo conosciuto così bene per tutto il secolo scorso. E che richiedono un orizzonte comune verso il quale puntare.

 

 

VALLEY LIFE: Assessore Varasano, lei conosce molto bene la rosa e le sue spine. Con quali occhi ha visto sbocciare la Perugia dei primi anni ’20 del 2000?

LEONARDO VARASANO: Perugia è una città dalla storia profondissima, dall’anima libera e fiera, per citare il titolo di un recente volume, e dalle notevoli risorse intellettuali. Storia e cultura, le tante identità e sedimentazioni – dagli Etruschi fino alla vicenda risorgimentale del XX Giugno -, il ricchissimo humus di associazioni, sono stati elementi preziosi anche per affrontare la difficilissima fase della pandemia, il timore imperante e le chiusure forzate. Anche nei momenti più difficili, si è lavorato perché la città potesse trovarsi pronta e il più possibile accogliente alla ripresa della vita e degli spostamenti. La Perugia di questi anni è stata una città tenace e volitiva. E l’Assessorato alla Cultura ha voluto affiancare e sostenere questa inclinazione. Perfino nei momenti più bui non sono mancate iniziative on line (letture dai testi di Buzzati proposte da attori di valore, concerti di musica classica, presentazioni di libri), e si è pensato a promuovere la città creando il desiderio di conoscerla non appena l’emergenza fosse conclusa: abbiamo prodotto uno splendido video musicale, volutamente intitolato “La bellezza ci aspetta”, che, sulle note arrangiate de “La vita è bella”, svelava lo splendore di Perugia dall’alto. È stato un successo con quasi un milione di visualizzazioni. Alla base dei record turistici degli ultimi tempi, c’è anche qualcosa di quel lavoro fatto mentre il Covid imperversava.

 

Non appena poi si sono aperti spiragli, lo spirito di iniziativa non è mancato. Bastino due esempi: i concerti dal balcone di Palazzo Baldeschi, in piazza della Repubblica, per sollecitare e rincuorare il passaggio lungo corso Vannucci, quando ancora si conviveva con timide aperture; il cinema all’aperto, nelle zone lontane dal centro storico, nell’estate del 2020 e del 2021, per sostenere uno degli ambiti culturali più in difficoltà a causa delle chiusure, dando la possibilità ai cittadini di ritrovarsi in sicurezza, all’aperto, con le distanze necessarie, di fronte al grande schermo. Insomma, la Perugia di questi primi anni ’20 del Duemila è stata una Perugia coraggiosa ed ingegnosa, e su questo solco ha cercato di muoversi anche l’Assessorato alla Cultura.

V.L.: I petali più belli, quelli che non pensava di veder fiorire? Ma anche le giovani foglie, quelle che si vedono poco ma che in realtà permettono alla bellezza di germogliare.

L.V.: Tra i petali più belli c’è senza dubbio un progetto europeo URBACT, “Find Your Greatness”, portato avanti dall’Assessorato alla Cultura insieme all’Accademia di Belle Arti e ad alcune associazioni del territorio: al termine di un lungo lavoro si è arrivati alla produzione di un brand cittadino, “Etruscan spirit” – lo spirito etrusco come elemento di unicità e di rilancio urbano, a partire dalle antiche mura –, riconosciuto quale modello, fra 26 paesi e 203 partner, in un importante convegno parigino del giugno 2022. Un petalo meraviglioso, corredato di tante foglie da cui germoglia bellezza, è poi il nostro sistema bibliotecario comunale, cresciuto in quantità e qualità: la nuova biblioteca degli Arconi, pensata in ogni dettaglio secondo un preciso indirizzo amministrativo, in grado di attrarre oltre 80mila utenti in un solo anno, le nuove, accoglienti sedi della biblioteca delle Nuvole (probabilmente la più importante d’Italia in tema di fumetti) e di Ponte San Giovanni, i lavori di riqualificazione nella storica biblioteca Augusta, il ripristino della sede bibliotecaria di Ripa, le significative mostre dedicate a Dante (“Dante a Porta Sole”) e a Pasolini (“Prospettiva Pasolini”), capaci di attrarre grande interesse accademico in alcune delle più importanti Università italiane, grazie anche ai rispettivi, preziosi cataloghi.

Un altro petalo, nascosto, è germogliato: appena la riapertura lo ha consentito, abbiamo sostenuto gli ospiti di alcune residenze per anziani perugine con un progetto di teatro-terapia di grande significato. E, ancora, non si può dimenticare la riapertura e la piena fruizione per musica, spettacoli e convegni di una struttura meravigliosa, carica di storia e spiritualità, come quella di San Francesco al Prato, inaugurato con il memorabile concerto di due pianisti di valore internazionale: Francesco Libetta e Luca Ciammarughi.

V.L.: Tocca alle spine. Criticità affrontate, rimaste in sospeso o insormontabili.

L.V.: La più rilevante questione rimasta in sospeso è il cammino per il riconoscimento UNESCO della Perugia etrusca, a partire dalle sue mura. Un cammino e un obiettivo da riprendere necessariamente, sempre vivo tra i desideri profondi della città. Tra le criticità, oltre alla cronica penuria di risorse per la cultura e a quella, di grande proporzione, della pandemia, due su tutte: la chiusura prolungata della biblioteca di Villa Urbani (per la quale però sono già state stanziate le risorse necessarie per i lavori che ne consentiranno la riapertura) e la momentanea chiusura dei musei civici, nell’estate del 2023, a causa della rescissione del contratto da parte del soggetto gestore.

V.L.: È vero che gli anni della pandemia hanno spaccato il mondo dell’arte e della cultura, che sembrava non potesse mai riprendersi dai colpi del lockdown. E in un certo senso, alcune modalità di intendere la cultura si sono spente. A quali hanno lasciato il posto?

L.V.: Non credo che alcune modalità di intendere la cultura si siano spente. Anzi, si sono ampliate, inglobando le forme resesi necessarie durante la chiusura. Dopo il Covid, il comparto della cultura ha ripreso con rinnovata vitalità ed energia. Nel caso perugino penso alla straordinaria edizione per il 50esimo di Umbria Jazz, alle sempre vivaci edizioni di Musica del Mondo, alle partecipatissime edizioni estive dei concerti all’alba e al tramonto, beneficiando di alcuni dei più bei paesaggi perugini. E poi, ancora, uno spettacolo teatrale ad hoc, di grande qualità e valore storico, organizzato per il Giorno del Ricordo (“Autodafé di un esule”), le significative mostre ospitate a Palazzo della Penna (quella dedicata a Raffaello, quella per il cinquecentenario dalla morte del Perugino, ancora in corso, e quella dedicata ad Arturo Checchi) e il percorso di visita “Civitas Perusina”, in accordo con i nobili collegi della Mercanzia e del Cambio, per mostrare tutto il valore storico-politico di Palazzo dei Priori. Ma al di là del centro storico, la cultura, attraverso le sue tante forme, ha cercato di raggiungere ogni parte della città.

V.L.: È questo il filo che può unire l’acropoli ai suoi quartieri?

L.V.: Sì. Abbiamo cercato di unire la città attraverso un fitto programma di iniziative culturali. Musica (a partire dal progetto “Quattro note nei quartieri”, realizzato insieme alla Fondazione Perugia Musica Classica), teatro, presentazioni di libri e cinema hanno raggiunto molte realtà del vasto territorio comunale (uno dei più estesi d’Italia): da Colombella a Montegrillo, da Montelaguardia a Mugnano, da Montegrillo a Collestrada, da Santa Lucia a Pila, da San Marco a Ponte San Giovanni, da San Sisto a Madonna Alta, in cinque anni presso che tutta la città è stata interessata da eventi culturali promossi dal Comune. In alcuni casi siamo riusciti a strutturare eventi in maniera stabile: è quanto è avvenuto a Borgo Sant’Antonio con l’istituzionalizzazione della celebrazione del 14 settembre 1860, in memoria dell’ingresso dei bersaglieri e dei granatieri in città, prologo dell’adesione dell’Umbria al Regno d’Italia.

V.L.: Capitolo giovani. Dipingono quelli di oggi come poco inclini ai temi della cultura, forse perché poco virali. Lei che ne pensa?

L.V.: Senza dubbio c’è una porzione di giovani che rifugge o banalizza la cultura. Ma c’è un’altra parte, significativa, che la desidera e la incarna. Ci sono giovani e giovanissimi che coltivano talenti di rilievo, che studiano e cercano di farsi conoscere, trovando però grandi difficoltà: spesso per questi ragazzi mancano luoghi, occasioni e opportunità. Anche in questo versante abbiamo cercato di offrire strumenti che potessero fare al caso: penso alla continua collaborazione con AGIMUS, l’Associazione Giovanile Musicale, o alle iniziative promosse nell’ambito di “Destate la notte”. Il “bene comune” non può essere una formula vuota: deve tradursi nello sforzo corale, come avvertiva Papa Leone XIII, perché ci siano le condizioni ideali per far fiorire i talenti e la pienezza di vita di ogni persona.

V.L.: Lei avrà a che fare presto con due giovani donne speciali, che sono le sue figlie. Qual è l’insegnamento che ripete loro più di frequente?­

L.V.: Più che un insegnamento, un auspicio che sento vivo. Mi piacerebbe che non osservassero mai la realtà che le circonda con distacco o indifferenza, come se fosse una cartolina. Mi piacerebbe che sapessero prendersi cura della città – intesa in senso lato, come comunità più prossima –, che avessero la forza di piegarsi verso gli altri, sapendo gioire con chi gioisce, sapendo soffrire con chi soffre, sapendo, come avvertiva Kipling nella celebre poesia indirizzata al figlio, “parlare alla folla senza perdere la virtù” e passeggiare con i Re rimanendo sé stesse. Con empatia e semplicità.

 

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