DI JORI DIEGO CHERUBINI
«Tradizione non è culto delle ceneri ma custodia del fuoco» è una mirabile frase di Gustav Mahler, e più passa il tempo più trova significato e risonanza. E il fuoco ad Abbadia San Salvatore si custodisce da millenni nelle «Fiaccole», cataste di legna alte fino a nove metri accese nella notte di Natale. Consuetudine che affonda le radici nella simbologia del fuoco legata ai paesi nordici, ai Longobardi, al solstizio d’inverno e vieppiù alla nascita di Gesù Bambino. Il fuoco che precede la luce.
La tradizione, antica di millenni, si svolge ad Abbadia San Salvatore, alle pendici orientali del Monte Amiata. «È un rito arrivato a noi praticamente intatto – racconta il sindaco Fabrizio Tondi -, affonda le radici in tempi antichi e per questo attrae sempre più persone». Il record di presenze, probabilmente, si è toccato nel 2019 quando il paese, complice un clima favorevole, è stato preso d’assalto da migliaia di visitatori. Ma dove inizia il fuoco? «Probabilmente dal Monastero di Abbadia: le alte cataste (vedi foto, ndr), che possono raggiungere nove metri, erano costruite per chi dai villaggi circostanti si recava alla messa di mezzanotte, e durante la Notte Santa poteva attendere l’inizio della funzione riscaldandosi e intonando le “pastorelle” (nenie dolcissime e languide cantate in coro attorno al fuoco)».
Dopo la messa all’Abbazia San Salvatore (che quest’anno eccezionalmente avrà luogo alle 18) si brinda con un bicchiere di vino caldo, una salsiccia, e spesso si sta in giro fino all’alba, o quasi. Secondo un’antica usanza in tanti raccolgono i residui dei fuochi per farne brace ardente da mettere nel camino di casa, in quanto «residuo sacro». Ma stavolta come si svolgerà il rito?
«Accenderemo una Fiaccola davanti ai portici del Comune – prosegue Tondi – a rappresentare simbolicamente la sacralità e la solitudine del momento, quasi una preghiera: il fuoco, che è vita e movimento, deve generare la speranza di una rinascita, il ritorno alla vita dopo il buio». Con il primo cittadino saranno presenti Stefano Manetti, vescovo della diocesi di Montepulciano, Chiusi e Pienza, e i «capi- fiaccola» (custodi, per così dire, del fuoco); la musica lascerà il posto alla sacralità delle parole, scandite prima dell’accensione: «per certi aspetti – osserva – questo Natale potrà sembrare più freddo, invece, a partire dalla messa – che, mi auguro, nessuno voglia impedire – sarà un momento per vivere maggiormente i pranzi (seguendo, va da sé, le regole), l’apertura dei regali, per sentire parenti vicini e lontani, e anche per gustare quei pomeriggi sonnacchiosi circondati da un ambiente caldo, intimo, che è la famiglia.
Sarà un Natale vissuto nella piena tradizione cristiana, nell’allestimento di una giornata di buoni sentimenti e pensieri piacevoli: un’intimità che ci farà ripartire con uno spirito diverso». Nel solco della tradizione cristiana saranno numerose le Natività in mostra in diverse «cantine» del centro storico.