Di Paola Butera

 

Ho incontrato Marco Pierini nel suo studio, e questa volta non è stata una coincidenza, ma proprio la voglia di conoscere chi mi aveva colpito guardando alcuni suoi quadri su Instagram. E ti dico, la realtà è ancora più intensa di quanto ti aspetti. Fogli appesi con schizzi di figure, quasi a cercare le proporzioni giuste, pennelli e colori sistemati con cura in un angolo: tutto questo ti fa capire quanto meticolosamente porta avanti i suoi studi. E poi ci sono loro, le tele appoggiate a terra, alcune finite, altre ancora in lavorazione. Luci e ombre si mescolano a colori scuri che dominano quelli più vivaci. Ci troviamo davanti a un nuovo Caravaggio? Beh, il fatto che sia riservato ma allo stesso tempo sicuro delle sue capacità mi fa pensare che abbia un futuro brillante davanti. Quindi no, non è un nuovo Caravaggio, ma sicuramente un talento da tenere d’occhio.

 

 

Marco, tu hai fatto tutt’altro nella vita prima di dedicarti all’arte. Quando hai sentito il bisogno di iniziare questo percorso artistico? “Da piccolo, già dai primi disegni, provavo un certo trasporto emotivo e ricordo che ogni volta che potevo sfruttavo l’occasione per disegnare. Ricordo come se fosse allora, di quando disegnavo sul banco di scuola durante la ricreazione e di quanto ero dispiaciuto trovare il banco pulito il giorno dopo, ma allo stesso tempo felice così potevo disegnarci di nuovo. La passione verso l’arte, unita al desiderio di dipingere, mi ha portato cinque anni fa ad iscrivermi a un corso per imparare le tecniche, tenuto dal maestro Loris Cardoni, che ho seguito per tre anni. Prima di iniziare il corso, non avevo davvero le basi, quindi ho imparato diverse tecniche, come la pittura con l’acrilico su legno antico e ho capito meglio le proporzioni. Ho cominciato lavorando in bianco e nero per capire il pigmento e come usarlo al meglio. Da lì, è nata un’evoluzione naturale verso qualcosa di più personale, ed è così che è iniziato il mio percorso monocromatico blu. Tutti mi dicevano che i miei ritratti sembravano fotografie, e questo mi ha spinto a trovare un segno distintivo. Per me il blu rappresenta l’anima di una persona, quindi dipingere in blu è stato come fare un viaggio introspettivo. Inoltre, è uno dei colori che preferisco perché lo associo al mare”.

Nel suo studio e nella galleria a Gubbio puoi vedere tanti volti di donna appesi alle pareti: tele grandi affiancate da altre più piccole sui cavalletti; il blu si mescola tra mille sfumature e pose sempre diverse.  Ho notato molti tuoi ritratti femminili della fase blu, hai partecipato a mostre o eventi in quel periodo? “Sì, ho preso parte a diverse collettive tra il 2022 e il 2023 qui a Gubbio, ma anche al Must di Lecce e a Cesenatico, dove ho ricevuto un riconoscimento internazionale al “Premio Leonardo da Vinci”. Ho esposto a Palermo e in alcune gallerie di Roma. Dopo quel premio si sono aperte nuove opportunità per me: ho organizzato la mia prima mostra personale al Relais San Clemente di Bosco vicino Perugia, poi altre due mostre: una a Rimini e l’ultima personale, forse la più importante, alla Rocca di Passignano sul Trasimeno dove ho presentato tutto il mio percorso con l’acrilico”.

 

 

Poi tutto cambia, l’evoluzione prende una piega diversa. Forse è stato un cambiamento di vita o una crescita personale che lo ha portato a una maggiore consapevolezza di sé stesso. A un certo punto, sentiva che il cambiamento era necessario. Ma cosa ti ha spinto verso la pittura a olio e la continua ricerca del figurativo?   “Durante questo periodo di apprendimento ho avuto una svolta artistica, perché ho notato dei riscontri positivi, qualcosa che non mi aspettavo affatto. Così ho deciso di approfondire ancora di più lo studio dell’anatomia e della fisionomia nei ritratti. Grazie a un altro maestro, Andrea Esposito, che si trova a Rimini, ho imparato la tecnica della pittura ad olio. In realtà sono sempre stato affascinato dalla tecnica rinascimentale, quindi ho voluto seguire le orme di grandi come Caravaggio e Leonardo da Vinci, ma anche altri maestri dal Rinascimento all’Ottocento e Novecento come Bouguereau. Questa nuova fase di studio mi ha permesso di sperimentare con il colore e la luce. Ho iniziato proprio riproducendo un’opera di Caravaggio: il mio primo quadro a olio è stato San Giovanni Battista, un dipinto a cui sono molto legato e che tengo qui nello studio. Dopo ho cominciato a lavorare su persone a me vicine per studiare bene le proporzioni; solitamente parto buttando giù tutte le idee che mi vengono in mente con bozzetti semplici e schematici fatti a matita. Di solito faccio bozzetti veloci, tipo 5 o 10 minuti, soprattutto per studiare le pose. Quando trovo quella che, secondo me, funziona meglio, mi concentro su quella e cerco di definirla con forme un po’ più dettagliate”.

 

 

Mi giro intorno, vedo cavalletti con opere appena iniziate o altre quasi finite, ma a ognuna dedica sempre un po’ di tempo in più per aggiungere una pennellata, cercando di dare profondità o giocare con la luce. Niente è lasciato al caso. I tuoi dipinti a olio sembrano non solo raccontare uno stato d’animo, ma quasi essere una sorta di medicina per la tua anima. Cosa provi quando lavori sulla tela? “Per me è come tornare indietro nel tempo, immergermi in quell’epoca e lavorare alla maniera dei vecchi maestri. È stato proprio questo a farmi scattare qualcosa dentro e farmi capire che volevo continuare su questa strada e approfondirla. Infatti, ho iniziato a preparare i colori da solo, comprando i pigmenti e lavorandoli come si faceva un tempo. Da lì ho cominciato anche a sviluppare idee personali per i miei quadri. Adesso sto lavorando a un autoritratto a figura intera, in doppia figura, alto un metro per ottanta, che ho chiamato “Portae Inferi”. È un autoritratto in cui sono affiancato da una persona molto importante per me, qualcuno che è stato fondamentale in uno dei momenti più difficili della mia vita. Con questo quadro ho capito davvero cosa vorrò fare: trasmettere le mie emozioni e i miei stati d’animo in un’atmosfera elegante, usando tecniche antiche e tempi lenti. Ogni giorno guardo il quadro con occhi diversi, aggiungendo o togliendo colori e luci, e in quel processo sento anche la mia anima che guarisce un po’”.

Quando mi avvicino al quadro appoggiato a terra, con le luci gialle delle lampade che creano ancora più atmosfera, vedo lui tra le braccia di lei, come se avesse finalmente trovato la pace. E ora? Cosa ti aspetti da questo nuovo percorso? “Beh, spero davvero di riuscire a farmi conoscere nel mondo dell’arte. Ho avuto la fortuna di incontrare il maestro Ulisse Sartini, uno dei grandi artisti contemporanei che si ispirano all’arte rinascimentale. Per me è sempre stato un punto di riferimento enorme e una grande fonte di ispirazione. Mi piacerebbe seguire le sue orme e soprattutto essere riconosciuto come artista. Ma ho ancora tanto da dare: tante idee nella testa che diventano schizzi. Tra queste c’è anche il progetto di una tela molto grande, due metri per due metri e mezzo, che sarà il mio primo lavoro con più figure. Una vera sfida con me stesso per approfondire lo studio delle pose e dell’anatomia… ma non voglio svelare troppo! Sarà comunque un viaggio introspettivo più complesso, dove voglio mettermi alla prova continuando a studiare e sperimentare”.

 

 

L’ambizione è viva, il talento naturale è presente, e ora non ci resta che attendere con fiducia. Questo lungo viaggio introspettivo ci porterà a scoprire cosa, nella prossima mostra personale, ha in serbo per noi. Non abbiamo fretta, perché sappiamo che la pittura a olio richiede il suo tempo prezioso per rivelarsi in tutta la sua bellezza.

 

Info: marcopierini17@gmail.com / www.marcopierini.it/ IG @marcopierini17 / FB @marco pierini

 

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