Di Chiara Pietrella
Definirla trattoria è riduttivo: la Tripolitania a Sarteano è sempre stata un punto di riferimento, un must, una pietra miliare. Aperta nel 1911, ha accolto paesani ed avventori per oltre un secolo e per molti continua ad essere “casa”.
Spero che voi lettori mi perdonerete se scrivo questa storia in forma personale, da sarteanese affezionata alla propria terra, riguarda un po’ anche me. La Tripolitania è uno di quei posti che rimangono nel cuore, non solo nel mio, forse perché è la trattoria più antica del paese, forse perché i sapori di certi piatti hanno segnato per sempre la mia vita, o più probabilmente perché si tratta di un concentrato talmente inesauribile di storie che solo a passarci davanti mi assalgono inevitabilmente curiosità, nostalgia e tenerezza. Comincio col ricordare Corso Garibaldi com’era quando ero bambina, negli anni ‘80 e ‘90. A quei tempi la trattoria era gestita da Bruno e “dalla” Franca, che quando passavi lì davanti ti guardavano con aria severa, quasi burbera, nascondendo però il sorriso delicato e sornione tipico dei nonni che controllano un nipote (non importa che all’anagrafe non lo fossi davvero, a quei tempi funzionava così). Il profumo di cibo buono si sentiva da fuori e quando entravi sapevi già esattamente cosa prendere. Caterina, la loro nipotina, ai tempi era una bambina allegra e vivace, ma anche crescendo non ha perso quella spontaneità e quella brillante luce negli occhi. Oggi è lei a cucinare e a gestire la trattoria e io la incontro quasi tutti i giorni, ma finalmente ho la scusa per farle quelle domande che normalmente non mi sovvengono e che invece sono proprio lì, in quell’angolino della mia mente che la fretta del quotidiano mi costringe ad ignorare. La prima riguarda questo nome così singolare.
“La trattoria si chiama Tripolitania perché fu aperta da un signore che aveva fatto la guerra a Tripoli” mi spiega con il suo tipico sorriso candido ed entusiasta. Poi continua: “So con certezza che era il 1911, ma il nome dell’uomo non l’ho mai saputo. A quei tempi era un’osteria, ma anche un posto dove, venendo dalla campagna, potevi fermarti a consumare il tuo pasto portato da casa, magari chiedendo solo un bicchiere di vino”.
“La mia famiglia – continua – prese in gestione questo locale il 14 aprile del 1972, allora era la mia bisnonna Giovanna a fare da ‘padrona di casa’, poi passò alla nonna Franca e infine a me. Mi madre Onelia per vari motivi legati alla famiglia e alla salute non prese mai il testimone”.
Ricordiamo insieme la lunga conduzione della nonna Franca, che aveva fatto del suo locale un ritrovo, più che una trattoria: “Questo posto era del paese. C’erano persone che venivano a pranzo o cena tutti i giorni, perché magari erano rimaste sole, e condividevano il tavolo come una famiglia. Addirittura avevano un tovagliolo di stoffa che veniva cambiato un paio di volte alla settimana e riposto nel cassetto in un anello di legno personalizzato. La trattoria, poi, non serviva solo cena e pranzo, ma era aperta tutto il giorno per uno spuntino, un bicchiere di vino o una partita a carte. In particolare il venerdì, nel giorno di mercato, le persone scendevano dalla campagna e passavano da noi a fare colazione, che non era con un croissant o un caffè come oggi, ma con il panino alla trippa oppure con il baccalà, affiancati naturalmente dal ‘quartino’ di vino”.
Caterina continua il suo racconto confidandomi come viveva lei questo storico posto, che a maggior ragione per lei era casa: “Corso Garibaldi era popolato, c’erano tanti bambini, i gelati, il negozio di giocattoli, un paradiso per me che vivevo in campagna. Ho trascorso la mia infanzia tra questi tavoli, giocando a fare la barista. La mia prima stagione intera l’ho fatta a quattordici anni, ed ora eccomi qua. Ho fatto tanti sacrifici, ma sono molto contenta, anche se la nonna ha lasciato un’impronta forte nel paese e non dico solo a livello culinario”.
Le chiedo quindi cos’è cambiato oggi rispetto ad allora e scopro che nonostante la società sia totalmente diversa, in realtà ci sono ancora persone che hanno il loro posto fisso tra i tavoli e nel cuore dei gestori. “Il signor G. – mi spiega – pranza ancora da noi tutti i giorni e spesso ci ripete con orgoglio la data della prima volta, il 15 ottobre 1978, quando ancora c’era la mia bisnonna”. E non è l’unico.
Il locale è stato acquistato dalla signora Franca nel 2008 e Caterina è subentrata alla nonna tra il 2009 e il 2011, inizialmente insieme al fratello Filippo. La trattoria è stata rinnovata piano piano, di fatto non cambiando niente, ma dando solo altri colori al locale e nuova vita ai vecchi mobili e dunque trasformandola in un posto del tutto caratteristico e particolare, dove si respira ancora la storia, ma la si vive in chiave moderna. Anche i piatti che hanno rappresentato la pietra miliare dell’antica cucina sono rimasti tutti, dai pici all’aglione e al sugo (in sarteanese si definisce “sugo” il ragù, ndr) al roast beef, dal polpettone alla trippa, dal baccalà al tiramisù. Affiancati a questi naturalmente Caterina ha introdotto anche piatti suoi, dando sfogo alla propria creatività e conferendo un’impronta giustamente più moderna al locale.
Concludo questa bella chiacchierata chiedendo se c’è un ricordo specifico che vuole condividere, ma mi risponde che sono davvero troppi per sceglierne uno in particolare. “Ci penserò” mi risponde. Ma lo farò anche io, che in qualche modo di questa storia mi sento parte. Ve lo racconteremo la prossima volta.
Info: Trattoria Tripolitania, Corso Giuseppe Garibaldi, 27 – 53047 Sarteano SI
Tel. 0578 265311 / Orario: 12:30–14:30 / 19:30–21:30. Chiusura: mercoledì
Facebook: La Tripolitania / Instagram: @TrattoriaTripolitania
Posto molto accogliente ,si mangia bene e si spende il giusto.
Siamo pienamente d’accordo con lei… definizione efficace