Di Simone Bandini

 

Crasi perfetta di arte e ingegneria nella visione del mondo di Lorenzo Zangheri

 

In questa intervista esclusiva, abbiamo il piacere di dialogare con Lorenzo Zangheri, artista e ingegnere spoletino, classe 1978. Viene subito all’occhio la sua capacità operativa che accoppia sapientemente rigore tecnico e creatività artistica. Lorenzo ci racconta il suo percorso, la sua visione dell’arte come atto concettuale e scientifico – il delicato equilibrio che cerca di rappresentare tra fragilità umana e ordine metafisico. Un viaggio tra ingegneria, arte e la forza evocativa del dettaglio, che ci svela un mondo dove la precisione del tratto dialoga con l’estemporaneità dell’immaginazione.

 

Simone Bandini: Come si coniugano nella tua opera l’ingegneria e l’arte? Ti riconosci nel concettualismo come atto creativo?

“Lorenzo Zangheri: Mi definisco oggi un artista che fa l’ingegnere per vivere, senza mai rinnegare la mia formazione tecnica e scientifica. L’ingegneria mi ha insegnato l’analisi, lo sviluppo e la risoluzione, ricorrendo a un metodo in ogni situazione. Questo approccio potrebbe apparire sterile se applicato pure al mio lavoro artistico, ma non posso negare che quando intendo raffigurare un tema, il metodo torna a essere strumento. Il concettualismo è centrale: ogni opera nasce da un intento comunicativo, e quindi di condivisione; che sia un concetto, un confronto o un pensiero, la mia opera finale risulterà sempre sintesi di armonia e coerenza, dove ogni simbologia ha avuto un uso preciso e voluto”.

In che modo il tuo background ‘accademico’ e ‘professionale’ influenza le tue opere?

“La mia attenzione al dettaglio deriva proprio dalla disciplina operativa del disegno tecnico, dove la precisione è fondamentale. Uso spessori diversi di linea per evidenziare parti importanti o secondarie, proprio come in un disegno tecnico. Questo metodo rende le mie opere immediatamente leggibili e comunica intuizioni e concetti con estrema chiarezza. Anche la scelta dei materiali e delle tecniche, come ad esempio la ‘sanguigna’, è legata a una tradizione metodologica – in grado di dare alle mie opere una dimensione sia artistica che tecnica, sia estetica che funzionale”.

Nei tuoi lavori emerge spesso una riflessione sulla fragilità e precarietà umana. Come la rappresenti concretamente?

“La fragilità e precarietà sono stati temi che mi hanno sfidato nel profondo e che cerco di tradurre sia nella figura sia nella materia stessa dell’opera. La delicatezza del tratto, le sfumature che a volte sembrano fallire o ritornare, esprimono questa condizione instabile. La precisione e la decisione convivono con una sorta di tensione, di equilibrio precario. Questo riflette la condizione umana, che è sempre sospesa tra ordine e caos, tra luce e ombra”.

 

 

Hai parlato di un’opera molto significativa, “Speranza e Fiducia”. Qual è la sua storia e il suo significato?

“Quest’opera nasce da un confronto acceso con un’amica – che sosteneva come l’uomo dovesse fare a meno della speranza e vivere solo di fiducia. Io invece credo che la speranza sia un motore essenziale (alla base anche del pensiero occidentale e del cristianesimo, n.d.e.): ho dunque rappresentato due imbarcazioni erranti su di un globo e in ricerca di un reciproco contatto – simbolo di equilibrio e di ricerca di senso, in mezzo all’incertezza. È un’immagine che ha avuto una naturale percezione dallo spettatore, poiché parla di qualcosa di universale, di quella tensione tra desiderio e realtà che tutti viviamo”.

 

 

Spesso come artista sei associato al surrealismo. Come ti rapporti a questa corrente?

“Si, sovente mi chiedono se sono un surrealista o se mi ispiro a De Chirico. In realtà, il mio lavoro parte sempre da un’idea precisa, da un concetto che voglio esprimere, poi tradotto spesso in figura avvalendomi di strutture, tiranti e macchine. Il surrealismo può essere un’etichetta riduttiva, perché nel mio caso c’è un forte intento progettuale del concetto, che deriva in senso aprioristico dal mio entroterra tecnico. La fantasia e l’immaginazione ci sono, ma sono sempre governate da un istinto metodologico e scientifico”.

Puoi fare un esempio di come questo metodo si traduca in un progetto concreto?

Un esempio è quest’opera, “Equilibrio”, che rappresenta l’incontro di due anime su di un baratro: quella distanza abissale che spesso separa due persone – nonché il tentativo di superarlo. Ho immaginato due strutture che devono impegnarsi reciprocamente per incontrarsi, rinunciando alle proprie maschere e pregiudizi. Il progetto figurativo si chiude da solo, trovando una soluzione ingegneristica di incontro e passaggio. Questo processo creativo nasce da una riflessione profonda e da un’analisi rigorosa, non da una semplice suggestione surrealista”.

Come reagisce il pubblico alle tue opere? E come è cambiata la tua ricerca negli anni?

“Il pubblico che entra in galleria è spesso affascinato dal mondo che propongo, percependo che dietro ogni figura c’è un messaggio, un racconto. Mi è capitato che mi chiedessero versioni più piccole delle opere, e da lì è nata una nuova categoria di ricerca artistica: l’arte regalo, la cui principale produzione riguarda biglietti d’auguri e fotolitografie, di fatto piccole poesie figurate. Questo mi ha permesso di raggiungere un pubblico più ampio, senza però rinunciare alla profondità concettuale delle immagini”.

Quali sono i progetti e le mostre attuali e future?

“Negli ultimi anni ho lavorato molto per ampliare la mia collezione con soggetti che siano accessibili e apprezzabili tutto l’anno, non solo in occasioni particolari. Ho in programma la partecipazione a due fiere commerciali: a Bologna a settembre e a Milano a gennaio. Inoltre, sto sviluppando una nuova serie di incisioni che voglio proporre in modo più figurativo e comunicativo, per valorizzare questa tecnica come espressione di arte, laboratorio, lentezza e poesia. Sono progetti che confermano la mia vocazione alla comunicazione figurativa, unendo tradizione e innovazione”.

 

Lorenzo Zangheri rappresenta un esempio unico di come la tecnica ingegneristica possa fondersi con l’arte, in un dialogo continuo tra ragione e immaginazione. La sua weltanschauung si compone di temi profondi come la fragilità umana, l’equilibrio tra luce e ombra, e il valore della speranza, sempre con un tocco metodico ma fantastico. La sua opera invita a riscoprire la capacità di interpretare le immagini e i simboli, in un mondo che si è dimenticato di questa abilità intuitiva, primordiale e archetipale. Seguendo il suo percorso, ci si apre a una nuova dimensione di bellezza e costruzione di senso, dove ogni dettaglio esprime un valore assoluto e si disvela nella narrazione – ente individuale e, a un tempo, sistemicamente poetico.

 

Info: La Galleria di Lorenzo Zangheri è a Spoleto, in Corso Mazzini 60 / www.lorenzozangheri.it / info@lorenzozangheri.it / Tel-Whatsapp: 333 9046113

 

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